Davide Casari

Su di lui

Davide Casari nasce nel 1971, vive e lavora a Verdellino (Bergamo).

Difficile classificare e collocare la sua arte, che con estrema onestà si identifica col suo stile di vita.

Egli sin da piccolo manifesta una naturale ed irrefrenabile propensione al fare artistico.

Nel 1999 rompe bruscamente con quello che sembrava essere il suo destino nell’attività familiare e con coraggio sceglie di dedicarsi esclusivamente all’arte, la sua vera intima vocazione.

Autodidatta, si sa agilmente districare nella realizzazione di disegni, dipinti, sculture, sperimentando di continuo innumerevoli tecniche e materiali, per lo più poveri, i quali a volte si adattano, a volte suggeriscono l’evoluzione della sua poetica.

Partendo da un primo periodo di carattere puramente espressionista, animato da figure e autoritratti sofferenti e interroganti – durante il quale gli viene anche affidata la realizzazione del monumento pubblico di Verdellino dedicato ai Caduti delle due Guerre Mondiali (1999-2000) – la sua arte evolve sollecitata da un incontro fatale (nel 2001) col testo di Primo Levi Se questo è un uomo.

Da quel momento in poi la sua produzione si nutre intimamente della parola, quale cura esistenziale e linfa creativa. Il testo letterario si fa motivo scatenante di introspezione emotiva, tensione creatrice, restituzione in forma sensibile della partecipazione empatica ad un dramma collettivo della memoria. 

Capitale sarà la realizzazione della serie delle Cassaforme edificanti (2004-2017). Urne sacrali, impreziosite dal testo leviano, custodiscono e raccolgono con pietoso pudore i frammenti delle sue sculture di carta, dell’umanità violentata e perduta.

Da non trascurare anche i suoi lavori di interpretazione artistica di alcuni testi poetici di primo Levi estratti dalla raccolta Ad ora incerta, nell’ambito del progetto Fragile (2012).

In uno spontaneo, ma altrettanto meticoloso, lavorio di trascrizione e ritrascrizione del testo narrativo, Casari attenziona e preleva parole che comunicano all’artista in ascolto e che con naturalezza, mescolata ad un estremo rigore e alla ricerca dell’essenziale, giungono a comporre un nuovo testo poetico – neumagramma -, versi rivelatori della struttura della narrazione, come dello scheletro della scultura, dell’opera d’arte.

Le sue figure scultoree sin dagli inizi si generano dalla lavorazione assidua e disciplinata, faticosa e dolorosa, delle griglie in “ferro 5” utilizzato in edilizia. Diventano strutture più o meno fitte, più o meno libere, più o meno rigide, più o meno flessuose, ma grazie all’incontro con la parola della cultura, la parola curativa, ora sono anche corpi capaci di far riabitare un’anima.

Nel trascorrere del processo creativo per Casari è fondamentale ed intimo il legame che si instaura tra l’agire creativo e la parola: nei momenti duraturi della ricopertura e stratificazione della griglia corporea con sottili ritagli di quotidiani (migliaia per ogni scultura), parole o frasi si fanno notare, sussurrano all’animo dell’artista, che è sempre pronto a cogliere e a trascrivere suggerimenti, i quali poi si nasconderanno oppure, fortunati, rimarranno alla luce anche di un futuro osservatore.

Parole come eventi, suggeriscono una risonanza emotiva, si fanno epifania.

Prendono così vita nel corso degli anni opere corali quali: i Tipigrafici (2013-2017) – piccole figure umane emerse dall’esperienza emotivamente contrastante dell’artista in Ruanda -; Lapis Desco  composizione scultorea che trova la sua prima collocazione temporanea nella ex chiesa dell’Oratorio di San Lupo a Bergamo nel 2018 e che, di contro alla sua apparenza austera, anela alla partecipazione, al contatto con il fruitore attraverso il rianimarsi di una memoria o l’attualità dell’esperienza contingente -; Lapis Lume (2021-2022) – combinazione di sculture in questo caso scatenata dalla drammaticità della recente pandemia di COVID, in particolare dall’impressione lasciata dal passaggio dei camion con le bare nelle vie della città bergamasca, esposta nell’ex manicomio sull’isola di San Servolo a Venezia, nell’ambito delle iniziative collaterali alla Biennale del 2022 -.

È significativa l’esperienza di connubio e sostegno alla sua arte che dal 2017 al 2022 Casari sperimenta presso la SIAC di Pontirolo Nuovo (BG), azienda produttrice di cabine per macchine agricole e industriali leader nel settore. L’artista accolto come parte integrante, componente di significato nel comparto della fabbrica, ha a disposizione materiali e spazi dove potersi esprimere liberamente, senza condizionamenti e in questi anni, mentre continua a portare avanti i suoi progetti in autonomia, assimila e si integra nel contesto produttivo mai dimenticando il suo sguardo accogliente e critico, ne estrae l’essenza e ne restituisce gli ingranaggi e gli individui realizzando una serie di lavori grafici, pittorici e scultorei dedicati.

Nei tempi più recenti la ricerca di Casari si è volta anche a conquistare una certa leggerezza, una prospettiva di luce e di positività che lo ha portato a trascurare la materia, sollevandosi persino dal rapporto intrinseco e generativo con la carta per trovare luogo nella dimensione digitale, nella sperimentazione di variazioni e possibilità attraverso la definizione di disegni con il software Paint, scelta che ad oggi può apparire obsoleta, ma che è consapevolmente voluta dall’artista in quanto gli consente di servirsi di quella particolare linea seghettata e non ben definita che delimita in maniera caratterizzante i suoi soggetti.

Permane il legame con l’esperienza vissuta, privata o comune, con la lettura, con la trascrizione, con l’emozione trasfigurata in una forma che desidera sempre esserne eco di volta in volta diverso, di volta in volta contemporaneo.

Particolarmente sensibile al richiamo dell’arte scultorea Casari ora progetta nuove evoluzioni tematiche e formali.

Testo di Angela Fabrizia Previtali